I tuoi genitori sono affettuosi? Lo sono entrambi o nessuno dei due?
Queste erano due delle domande poste in un questionario somministrato agli studenti dell’Università di Harvard, durante uno studio longitudinale durato 42 anni.
Da tale studio è emersa una interessante correlazione tra le risposte a questa domanda e la percentuale di cardiopatie manifestata dagli ex studenti in età adulta e anziana
Ecco i dati:
Il 25% fra coloro che avevano risposto di avere entrambi i genitori affettuosi ha sviluppato cardiopatie in età adulta.
Il 35% fra coloro che avevano risposto di avere un solo genitore affettuoso presentarono cardiopatie in età adulta.
E ben il 93%, praticamente la totalità, di chi aveva risposto di non avere genitori affettuosi presentò in seguito problemi cardiaci.
Non è sorprendente?
Inoltre di questo 93% la totalità (il 100%) aveva patologie potenzialmente mortali, in confronto a meno della metà dei soggetti degli altri 2 gruppi.
Ma quali sono i fattori di rischio delle malattie cardiache presi normalmente in considerazione?
- Fumo
- Obesità
- Pressione sanguigna alta
- Colesterolo alto
- Predisposizione genetica
- Etc…
Eppure circa la metà di chi subisce per la prima volta un attacco cardiaco non presenta neppure 1 di questi fattori di rischio!
E vi dirò di più: 8 persone su 10 con almeno 3 di questi fattori di rischio non hanno mai avuto un infarto.
Sarebbe allora il caso di mettere tra i fattori di rischio l’assenza di amore genitoriale?
A questo punto ci potremmo chiedere:
Cosa faccio per fare in modo che i miei figli si sentano amati?
Sto facendo bene? O sarebbe il caso di mettere in discussione il mio modo di rapportarmi con loro?
Sto dando il massimo o posso fare decisamente di più?
Sei anni fa non sapevo nulla di tutto questo, ma ora credo che si possa rispondere a queste domande con due sole parole: segui l’istinto.
Prima di diventare mamma non mi ero mai posta il problema. Semplicemente davo per scontato tutto quello che osservavo e leggevo relativamente a “come prendersi cura del neonato”.
Poi qualcosa è cambiato. In un istante. Proprio in quella frazione di secondo in cui, dopo 30 ore dal momento in cui ho perso le acque, Giorgia, finalmente venuta al mondo, mi venne appoggiata sul ventre.
Lì oltre a provare una profonda gioia, ho realizzato che tutto intorno a me era tutto così “artificiale”, freddo, poco consono a quell’istinto animale che poco prima mi aveva guidato durante il parto. Era tutto così asettico. Freddo.
Giorgia mi guardò, con un occhio chiuso ed uno aperto, e in quel momento si risvegliò in me il mio istinto primordiale, che consente da milioni di anni l’evoluzione dell’essere umano. Le porsi il seno, mentre lei istintivamente muoveva leggermente la testolina per cercarlo. La accarezzavo e la stringevo a me con un tocco delicato ma deciso.
Tutto era cambiato. Per la prima volta nella mia vita, avevo fatto prevalere l’istinto a discapito della razionalità. Non era un’azione ragionata, ma dettata dall’istinto animale grazie al quale una mamma si prende cura del suo cucciolo.
Quando fummo finalmente in stanza ci ritrovammo Giorgia, mio marito Federico ed io, da soli. Finalmente eravamo una famiglia. La piccola era nella culletta trasparente che utilizzano nei reparti nascita. Un posticino sicuro in cui poteva riposare dopo la fatica che aveva fatto per nascere, ma qualcosa non mi convinceva. La parete era così fredda e dura. Non mi bastava stare a guardarla, volevo prenderla in braccio e farla dormire tra le mie braccia. Non ci pensai molto e al suo primo movimento, la tirai su, mi posizionai seduta sul letto con la bimba in braccio, offrendole il seno.
La stanchezza non tardò ad arrivare, avevo la bimba in braccio ed entrò una infermiera del nido che con estrema gentilezza e parole molto dolci, mi disse che se volevo la bimba nel letto con me potevo farlo, mi raccomandò di stare attenta e incastrò le lenzuola per bene in modo tale che la bimba non potesse cadere. Ancora ricordo con piacere il viso e la voce di questa ragazza. Da lì, così per caso…incominciò il nostro co-sleeping! Non mi ero mai informata a riguardo, non sapevo neppure cosa volesse dire questo termine, ma dormire accanto a mia figlia, mi faceva stare bene. Ero più rilassata, meno in allerta, le potevo offrire il seno facilmente mentre ce ne stavamo accoccolate. E vedevo che faceva bene anche a lei. Era tranquilla e serena.
Una volta a casa mi informai a riguardo e trovai sull’argomento co-sleeping, sia libri che articoli sul web.
Scoprii con gioia che non era solo una mia impressione che Giorgia fosse serena e in pace a dormire con me, ma lo dimostravano anche dati scientifici. “Accarezzando un neonato si cambia il suo respiro, la sua temperatura corporea, il tasso di crescita, la pressione del sangue e i livelli di stress” secondo James J. McKenna, massimo esperto del co-sleeping, Professore di Antropologia e direttore del Behavioral Sleep Laboratory presso l’Università di Notre Dame. Dice anche che: “L’idea che i neonati si debbano calmare da soli è solo una costruzione culturale che non ha alcuna evidenza empirica che possa sostenerne la veridicità”.
Felicissima di avere trovato un riscontro per una cosa che sentivo fortemente, continuai per la mia strada, nonostante chi ruotasse intorno alla nostra vita, storcesse il naso quando dicevamo che la bimba dormiva nel lettone con noi e cercavano di convincerci a metterla a dormire nel lettino da sola. Andavano in tilt anche quando non sapevo rispondere alla domanda, ormai abbinata a “quante volte si sveglia ancora la notte?” ed era “quante poppate fa in una giornata?”. Non lo sapevo davvero, seguivo l’allattamento a richiesta, quando mi richiedeva il seno glielo porgevo, potevo avere un’idea di quante volte poppava, ma non un numero preciso e soprattutto non costante. Ho assistito personalmente a scene di bimbi che piangevano disperati perché per la mamma non erano passate 3 ore tra una poppata e l’altra. Un bel modo per complicarsi la vita e per far star male il bimbo!
L’istinto semplifica la vita, seguilo!!!
P.s. Siete curiosi di sapere come seguire l’istinto nell’istruzione di vostro figlio? Continuate a seguirci