Ecco come l’osservazione dei bambini può aprirci il cuore.
Sabato pomeriggio ero indaffarata perché avremmo avuto ospiti a cena. Durante la merenda, Gabriele, mio figlio di 4 anni e mezzo, rovescia l’ultimo bicchiere di succo di frutta sul tavolo. A questo punto Gabriele si arrabbia, vuole altro succo a tutti i costi e non vuole sentire ragioni, ma essendo finito non avevo modo di versargliene altro. Ha un forte attacco di collera, non ci sono parole che lo possano far calmare.
Questi sono i casi che il dott. Daniel Siegel, neuropsichiatra pediatrico americano, definisce come crisi di collera al piano di sotto del cervello in cui le aree inferiori del cervello, amigdala e tronco encefalico in particolare, prendono il sopravvento e non permettono che funzioni la parte superiore, quella razionale, costituita dalla corteccia celebrale in cui avvengono i processi mentali più complessi, come il pensiero e l’immaginazione.
Mentre la parte bassa è quella che potremmo definire più “primitiva”, perché composta da aree responsabili delle nostre funzioni di base, di reazioni innate e delle emozioni più animali e intense (come rabbia e paura) ed è presente e funzionante già dalla nascita, la parte alta è quella più “evoluta”, più complicata, che controlla il pensiero analitico e di ordine superiore, la capacità di controllare le emozioni, l’empatia, la comprensione di sé, la moralità, ecc., e che nel bambino è ancora in formazione e lo sarà per molto tempo.
Gabriele sempre in preda alla forte rabbia corre in camera sua, seguito da sua sorella Gaia e da me e mio marito Federico. Si mette seduto in un angolo con la schiena appoggiata al muro e paonazzo in viso urla e piange disperato. Mi avvicino, mi inginocchio e cerco di calmarlo con parole amorevoli. A quel punto Gaia (che vi ricordo ha 21 mesi), si abbassa leggermente e cerca il suo contatto visivo e dice: “Gabi, mani mani”, mentre prende le mani di Gabri con le sue manine piccine. Lo guarda ancora negli occhi e rimangono fermi per qualche secondo occhi negli occhi, mentre lei con la sua vocina dolce lo chiama semplicemente per nome.
Gabriele intanto ha smesso di piangere e urlare, guarda sua sorella e accenna un sorriso!
Gaia, lascia la stretta alle mani e lo abbraccia forte al collo. Poi gli da un bacino.
Gabriele si è calmato e si gode l’abbraccio di sua sorella. È piacevolmente sorpreso.
Mio marito ed io abbiamo assistito a tutta la scena in silenzio, ci siamo guardati ed entrambi avevamo le lacrime agli occhi osservando queste due meravigliose creature e la loro interazione guidata dal cuore. Inutile dire che in quel momento ho sentito il cuore scaldarsi. Vedere come una bimba di soli 21 mesi si è approcciata a suo fratello in difficoltà in maniera così spontanea e così amorevole, mi ha aperto il cuore. Non solo. È stata una grande lezione per me. Perché Gaia mi ha mostrato esattamente quello che avrei dovuto fare io, ma che non ho fatto perché quel pomeriggio la mia mente non era perfettamente presente, ma già orientata alla sera in cui sarebbero arrivati ospiti e il mio pensiero era rivolto al “mettere in ordine casa” e poco propenso a sentire empaticamente le emozioni dei miei figli.
Nei casi di collera come questa, il genitore deve accompagnare il bambino a ritrovare la calma stabilendo con lui un contatto emotivo. Esattamente come ha fatto Gaia dovrà:
- Entrare in presenza (trovi approfondimenti su questo argomento nel nostro libro “Genitori al contrario”) gestendo le proprie emozioni
- Stabilire un contatto visivo
- Stabilire un contatto fisico
- Pronunciare parole amorevoli
- Farlo sentire compreso
- Dimostrare di amarlo anche in momenti di crisi
Poiché in questi casi non vi è comunicazione tra parte alta e parte bassa del cervello è inutile cercare di farlo ragionare con la logica e la razionalità. Solo nel momento in cui si sarà calmato ci sarà modo e possibilità concreta di farlo ragionare sull’accaduto. Farlo quando le due parti del cervello sono in disintegrazione è come buttare benzina sul fuoco. Il risultato sarà di fomentare ancora di più la sua collera.
Ancora una volta grazie ai miei figli ho ricevuto una grande lezione di vita. E come sempre, la strada da seguire è quella del cuore!
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